Vecchio Sant’Anna, la beffa. Solo il 10% resta pubblico. Una quota del 40% destinato ai servizi andrà alle banche e ai privati. Infrastrutture Lombarde: «Il tempo passa, la variante va approvata»
La Provincia del 25 settembre 2008
Ed ecco la notizia che tutti conoscevamo da tempo ma che, sacralizzata dalla stampa (o almeno da una parte di questa), diventa di dominio pubblico. Ossia che a breve il S. Anna come lo conosciamo non esisterà più: al suo posto una piccola città da 1.200 abitanti, alberghi, negozi, con il suo autosilo (pagato da noi), le sue banche e le sue scuole private. Lo sapevamo, l'avevamo paventato. Ciò nonostante, la notizia ^ci fa male^ lo stesso. Ci eravamo assuefatti al ^metodo S. Anna^: le notizie che faticosamente filtrano attraverso gli organi di stampa, l’ostinato mutismo delle istituzioni, l'arroganza di chi tiene le redini dell'operazione dietro il paravento dell'istituzionalità, i rovesciamenti degli accordi presi, le destinazioni pubbliche sempre meno pubbliche e, guarda caso, oggi minacciosamente ostative al buon esito dell'operazione, le cittadelle sanitarie promesse e poi scomparse. Ma a richiamarci alla realtà è la notizia che praticamente tutto il comparto oggi occupato dall'Ospedale sarà ceduto, salvo una misero 10% per ambulatori. Le quotidiane rassicurazioni circa la cura nel definire la collocazione dei 300.000 metri cubi rispetto ai bisogni del quartiere, suonano false prima che stonate. False perché la progettazione dell’area non è improntata su cosa ha bisogno la città, ma su cosa ha bisogno Infrastrutture Lombarde, la società incaricata dalla Regione Lombardia di valorizzare e vendere il comparto. Stonate, perché la riconversione dell'area dell'ospedale ha effetti su tutta la città e non sul solo quartiere di Camerlata. Ma che la navigazione a vista in urbanistica sia la regola per taluni amministratori è cosa nota, quando non un vanto aperto. Fedele all'assunto secondo cui la grande programmazione si fa anzitutto trattando, chi occupa i ponti di comando opera ignorando le parole di Martinotti, secondo cui sono proprio i progetti di pezzi di città indifferenti al resto del territorio, che si auto definiscono concretissimi, a rivelarsi inattuabili e ingestibili, mentre concreti si rivelano, a distanza, i progetti il cui presupposto imprescindibile è l'appartenenza ad una visione alta e aperta dell'essere comunità. La partita del S. Anna sta per chiudersi: l'aver politicizzato la discussione (destra pro nuovo ospedale a S. Fermo, sinistra pro ristrutturazione a Como) ha avuto l'effetto di troncarla, allontanando chi non riconosceva le premesse per una corretta decisione nell'appartenenza all'uno o all'altro schieramento. Se non possiamo più sperare di ribaltare il risultato, possiamo almeno cercare di chiudere con un punteggio dignitoso, pianificando correttamente il destino del S. Anna secondo le esigenze della città, e non di chi è incaricato di venderlo. Altrimenti vale davvero la pena, come qualcuno ha suggerito, cercare di ricomprarselo.
Videointervista ad Anne Zell
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qualche accenno storico, il
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