martedì 20 novembre 2007

Il barbone e l'assessore

Notizia dell’altra mattina, dai titoli disparati: dal perbenista "Muore di freddo accanto al Tribunale" al più corretto "Viveva in strada: ucciso dal gelo". Intervistato, l’assessore ai Servizi Sociali, Paolo Mascetti, si appella ai sentimenti (altrui), autoassolvendosi: “ Di fronte a certe tragedie, pur sapendo di aver fatto tutto il possibile per evitarle, viene naturale chiedersi se non si sarebbe potuto fare di più e salvare una vita”. La risposta è scontata: parliamo di persone che rifiutano ogni possibile aiuto concreto, sottolinea l’assessore. Insomma: problemi loro, tanto più che i lettori si limiteranno a un “poveretto” (nel senso del barbone). Perché tutto questo? Perché la politica ha come interlocutore la stampa, perché il dormitorio ha aperto (soltanto) ieri, 20 novembre 2007 (minima prevista + 3, massima + 9), perché i barboni continueranno a vivere e morire in questa città. “Proprio il freddo previsto per questa settimana ci aveva indotto ad anticipare i tempi di apertura”, puntualizza a proprio merito l’assessore. E fino a oggi? Non sembra che ci fossero temperature estive. Forse gli amministratori dovrebbero provare la ^Notte dei senza dimora^, lavarsi in un bagno pubblico e affrontare, privi della corazza della normalità, una giornata di violenza e sofferenze. C’è un città ignorata, quella dei barboni, c’è una città forse indifferente, quella dei lettori, e c’è un città, quella degli amministratori, ignorante nella più profonda accezione dell’etimo (che non conosce, che non sa). Le somme per la tv al plasma richiesta dal sindaco per il suo ufficio e per le passatoie del segretario generale non risolvono il problema dei barboni, ma sono l’abito mentale necessario per progettare di spostare il dormitorio fuori città, quasi che esista un ^altro dove^ che possa più correttamente contenere, anche fisicamente, il disagio sociale. Strana cosa, il disagio: nella lingua italiana esprime tanto la mancanza di ciò che è necessario, quanto il senso di imbarazzo. Ce n’è per tutti, verrebbe da dire. La soluzione è a portata di mano: decentrare, esternalizzare, confinare. "C’è, lontano dalla città, un bosco nero di lecci, nei luoghi della fonte di Dirce [...]. Squallida ai suoi piedi, ignara della luce del sole, ristagna un’acqua eternamente gelata; una palude limacciosa circonda la pigra fonte [...] Il luogo ci offre l’oscurità della notte”. Qui, come il sacerdote anziano nell’Oedipus di Seneca, non avremo esitazioni: scaveremo la terra e vi getteremo sopra fuochi strappati ai roghi, trascineremo neri capretti e buoi nella grotta, le vittime vive tremeranno in quel fuoco luttuoso. Erigeremo il dormitorio come un sacrificio, necessario quanto incomprensibile, delle risorse comunali e poi, probabilmente, doteremo i barboni di biglietti per il bus a prezzo calmierato. O forse li raccatteremo verso le otto di sera, in modo che i locali chic possano aprire senza problemi. Tempo fa pubblicai un pezzo dal titolo ^Povertà vecchie e nuove^. Parlava anche di Como. Tempo sprecato.

Pubblicato su La Provincia, il 22 novembre 2007, con il titolo ^La politica ignora il disagio^

3 commenti:

Anonimo ha detto...

(...)L'an truva' sota a un muc de carton
l'an guarda' che 'l pareva nisun
l'an tuca che 'l pareva che'l durmiva
lasa sta che l'e' roba de barbon.(...)
Enzo Jannacci 1964

la nostra malcelata indifferenza
la nostra inacapacità di stabilire anche il minimo contatto
mentre i tanti che quotidianamente si spendono
ci consentono sonni tranquilli

cesara pavone ha detto...

Due considerazioni
la prima: non so spiegarmi come sia possibile che persone che fino a ieri hanno avuto le pezze nel sedere,siano ora tra le prime a volere quando non a praticare direttamente, l'esclusione sociale dei meno abbienti.
La seconda: non so spiegarmi perchè una persona come Luigino Nessi che come dice val fuentes è uno che "quotidianamente si spende e ci permette sonni tranquilli" non sia stato rieletto consigliere comunale mentre lo siano stati molti "nuovi indifferenti"

Maurizio Spagna ha detto...

PESCE fUOR D’ACQUA
La sociologia del poeta-
… annotata , nuotata e nata
per le persone smarrite nei freddi angoli della società isolata…

Profondo occhio d’origine fluida
Scendi nella strada gelida
Ed avvolgi la miseria ruvida
Di coperte e riluci roventi-

Pesante occhio d’origine austera
Scendi sul giaciglio di pietra
E stringi la povertà tetra
Con mani d’oro lucenti-

Celato occhio d’origine ventrale
Scendi nel tratto infernale
E culla la notte nascosta
Con piani di stelle portanti
Nel fulgido di una giostra
Che appare per nude lacrime nane
E sale…
Verso nuvole di sole
Sale
Farina
e pane-

Vasto occhio d’origine squamato
Scendi nel parco invisibile fatato
Pesca una dignità mancata…
In lenza
E rimedia al viscido perdersi
Trattieni il respiro dell’essenza
Che nulla è pioggia
Nulla è vento
Ma tutto è scivolo agitato d’annegamento-

Al culmine del che sia e spia
L’occhio di pesce fuor d’acqua
Si trascina nel caldo soffio dorsale
Vagando oltre il gelido rimando-

E’ il principio di tutti i cavalcavia
Dalla natura all’immensa scia
E’ lo scopo per comporre
Il bagliore del futuro passato prematuro
Oggi come l’inizio di ogni ritrovo
Esistito per le strade del consueto…
Vestito in prestito-

“In memoria del mio amico “Il Giusto” che consumò la sua identità”


di Maurizio Spagna
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L’ideatore
Scrittore e Poeta-

 
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