Facilitare la vita a chi già incontra troppi ostacoli:a questo serve la figura del disability manager
 
 MILANO -
MILANO -  Medici, architetti, ingegneri, rappresentanti di associazioni di  volontariato ed enti locali: insieme per facilitare la vita a chi ogni  giorno incontra già troppi ostacoli. Una professione loro già ce  l’hanno, ma hanno acquisito competenze di “disability manager”  frequentando l’anno scorso un corso di perfezionamento 
all’Università Cattolica di Milano . Così hanno deciso di costituire la  
Società italiana di Disability Manager, SIDiMa nel corso del primo convegno nazionale organizzato di recente  a Gorgo al Monticano dall’
Ospedale riabilitativo di alta specializzazione di Motta di Livenza  , prima struttura sanitaria in Italia ad assumere un disability  manager, l’architetto Rodolfo Dalla Mora. E proprio l’esperto di  progettazione accessibile è stato eletto presidente della neonata  Società.
DIRETTORE D’ORCHESTRA - «Il disability manager è quel  professionista con competenze specifiche che sa trovare soluzioni “su  misura” per chi non ha l’autonomia o l’ha persa», chiarisce Dalla Mora.  Aggiunge Adriano Pessina, responsabile del centro di ateneo di bioetica e  ordinario di filosofia morale all’Università Cattolica di Milano: «Non  esistono bisogni speciali per disabili, ma uomini che hanno bisogno di  mezzi straordinari per soddisfare come tutti esigenze ordinarie, quali  l’istruzione, la mobilità, il lavoro». E il «direttore d’orchestra»  cerca di mettere in connessione le diverse realtà esistenti sul  territorio: figure professionali, servizi, enti locali, associazioni.
LIBRO BIANCO - Il disability manager nel nostro Paese stenta però  a decollare, sebbene sia previsto per i Comuni che superano i 50mila  abitanti dal Libro Bianco su “Accessibilità e Mobilità Urbana. Linee  Guida per gli Enti Locali”, curato dal tavolo tecnico istituito tra  ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Comune di Parma e  associazioni che rappresentano le persone con disabilità. 
«Sarebbe necessario - sottolinea Matilde Leonardi, coordinatrice del  comitato tecnico scientifico dell'Osservatorio nazionale sulla  disabilità e responsabile dell’unità operativa di Neurologia, salute  pubblica e disabilità dell’Istituto Besta di Milano -. Spesso gli  interventi sul territorio sono attuati in modo frammentario, senza un  piano integrato. Non si tiene conto, poi, della Classificazione ICF  (l’International Classification of Functioning, Disability and Health),  proposta dalle Nazioni Unite. Per esempio – continua Leonardi - , due  persone che soffrono entrambi del morbo di Parkinson e abitano al 4°  piano, la prima isolata, senza ascensore e senza familiari, l’altra  invece in uno stabile con ascensore e  caregivers, hanno una disabilità  diversa, perché sono differenti le condizioni ambientali». 
UNIFORMARE LE POLITICHE - «Favorire la diffusione di questa  figura strategica per uniformare le politiche di abbattimento di tutte  le barriere, fisiche e culturali, che escludono o discriminano le  persone con disabilità è l’obiettivo di SIDiMa – spiega Dalla Mora - .  La neonata Società si propone come interlocutore di istituzioni ma anche  di associazioni di volontariato e di persone con disabilità. E, per  rendere attuative le linee guida del Libro bianco, chiediamo di entrare a  far parte dell'Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone  con disabilità, presieduto dal Ministero del lavoro e delle politiche  sociali». 
ALCUNE ESPERIENZE - In alcuni comuni, come quello di 
Parma  e 
Montesilvano  il disability manager è un’esperienza ormai collaudata, ma si tratta di  realtà a macchia di leopardo. «Occorre dare impulso alle linee guida  tracciate dal Libro bianco, rendendo la figura del disability manager  obbligatoria in tutti i Comuni – sottolinea Claudio Ferrante, disability  manager che coordina l’Ufficio DisAbili del comune di Montesilvano - .  Spesso dobbiamo ancora affidarci alla buona volontà dell’amministratore  sensibile, mentre si continua a costruire con barriere nonostante le  leggi che lo vietino. Vanno poi istituiti gli albi qualificati previsti  dal Libro Bianco, per evitare che ci si improvvisi “disability manager”:  servono professionisti con competenze specifiche, acquisite grazie a un  percorso di formazione serio». 
ANCHE IN STRUTTURE SANITARIE – Il disability manager esiste anche  in strutture sanitarie. Si va dallo “Sportello Senza Barriere”  dell’ospedale riabilitativo Motta, che dal 2007 svolge circa 300  consulenze l’anno per privati e comuni, di cui il 90% per interventi di  adeguamento degli ambienti domestici, a un centro di riabilitazione  umbro per bambini cerebrolesi che ha avviato “percorsi facilitati”  insieme a medici di famiglia e ospedalieri per agevolare l’accesso ai  servizi sanitari di persone con disabilità complessa. Dice Gianfranco  Castellani, responsabile medico del Centro Speranza:  «Un ragazzo autistico che non riesce a descrivere i sintomi, in attesa  al pronto soccorso può sfasciare tutto. È difficile poi fare un prelievo  di sangue a una persona che si dibatte e cerca di morderti e quasi  impossibile eseguire un’ecografia addominale decente senza doverla  tenere almeno in tre. Da qui la necessità che i medici sappiano  relazionarsi con un paziente che ha una disabilità complessa». 
IN AZIENDA -«Il disability manager serve anche in azienda,  soprattutto in quelle di grandi dimensioni», afferma Consuelo  Battistelli, che si occupa di consulenza nel public sector in IBM,  seguendo in particolare progetti di accessibilità. «La legge Stanca –  sottolinea Battistelli - doveva favorire l’accesso agli strumenti  informatici e ai siti web, ma ad oggi solo il 4% dei siti pubblici è  accessibile. Per chi ha una disabilità visiva, poi, non sono affatto  accessibili i social network, come facebook, che pure sono nati per  consentire di relazionarsi con gli altri. Potrebbero essere ridisegnati  con alcuni accorgimenti meno strutturati da un punto di vista visivo». 
NEL VOLONTARIATO - In provincia di Novara Roberta Fornara  partecipa come volontaria al progetto di integrazione scolastica  “Calamaio”. «Non udenti, non vedenti, malati di Sla incontrano i bambini  per spiegare la disabilità – dice - . L’intento del progetto,  nato  all'interno del centro documentazione handicap di Bologna e ideato da  persone con disabilità, è quello costruire fin dai banchi di scuola una  cultura del superamento dell’handicap, inteso come difficoltà che ci  accomuna tutti e che si può ridurre a partire dalla consapevolezza dei  propri limiti e delle proprie risorse». E all’Inail
, Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro ,  Margherita Caristi mette a disposizione le competenze acquisite come  disability manager per «favorire l’inserimento di chi ha avuto un  infortunio sul lavoro nella vita sociale e di relazione».